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Nome omen è un modo per rubarti il futuro e per dirti che sei nato con un destino appiccicato addosso e devi fare finta di essertelo scelto.

Così, se stai dalle parti di Civitanova Marche, ti viene da pensare che lì c’è sempre un pensiero che si rigenera come una missione alla quale è impossibile sottrarsi. Tra le sue strade, nella pelle dei suoi abitanti, una freschezza incessante, uno specchietto per le allodole che cercano sempre nuovi corsi su cui aleggiare.

Forse tutto troppo ovvio per essere ancora di fascino. Sono occorsi degli stranieri a dare un po’ di brivido alla situazione, una smossa alle acque.

 Alika Ogorchukwu ha uno di quei cognomi che se provi a pronunciarlo la lingua ti si fa livida per lo sforzo e ti perdi nel nero della sua macchia, intonata al suo padrone figlio della Nigeria.

Te lo immagini forzuto come Lothar, l’amico di Mandrake, ed invece cammina appoggiandosi ad una stampella sbarcando il lunario vendendo per strada cianfrusaglie varie ai passanti.

Sembra che gli sia scappato un apprezzamento mal messo verso una donna, uno di quelli che ti fanno venire la sacrosanta voglia di strappargli le corde vocali. Altri dicono sia stato troppo insistente nel rifilarti qualcosa della sua mercanzia.  Gli occhi dei poveri devono essere limpidi, privi di desiderio, sempre irreprensibili. E’ il dazio da pagare alla tua condizione di miserabile.

Stupido chi pensa che anche chi si arrabatta può essere screanzato, avere il diritto di andare nel peccato, mostrando che i poveri non sono perfetti. Il premio di una giustificata elemosina è se sarai diligente e composto.

CI voleva uno di altra terra per ripristinare la situazione, un gesto oltre una sterile ramanzina, per dare una strigliata ad una civiltà asfissiante sempre in prima fila.  

Il compagno della donna, figlio di un Sud, ha compreso che stava a lui dare un nuovo corso ad una storia che batteva un po’ il passo. La stampella può essere di aiuto a sorreggersi ma anche a timbrare bene in testa a quella specie di mendicante che certe cose non si dicono.

Per convincerlo di questo gliel’ha piantata più volte in testa per sostenerne il pensiero in modo che attecchisse con profitto.

Non una gran folla a impedirne quella grammatica offerta con generoso impeto. Né la donna, né altri, nessuno proteso a dire che l’ignoranza ha bisogno di tempi più lunghi di una bastonata per raddrizzarsi. Il loro sudore già speso, appena prima, per il caldo corrente.

Alika è rimasto steso a terra per strada. Poco fa non era morto. Sotto di lui, le coscienze impastate nell’asfalto di un qualunque giorno d’estate.