Quando parliamo di arte dobbiamo liberarci dalle tentazioni della astrattezza. Dalla sua origine sanscrita, arte esprimeva una capacità di fare e di produrre. A Kherson, senza troppi complimenti, aderenti ad un fare pratico immediato, hanno fatto fuori il Direttore d’orchestra Mykola Kulish per essersi rifiutato di dirigere un concerto per i Russi invasori della sua terra. Sconcertati dal diniego, se ne sono subito sbarazzati.
Non poteva finire se non in questo modo. Mykola vuol dire “Vittoria del popolo” e non era proprio il caso di dargli voce. E’ stato dunque un maledetto imbroglio di ricorrenze che si smentiscono in continuazione.
Kherson prende nome dalla colonia greca di Chersoneso, vicino Sebastopoli, “città della gloria”. Se basta uccidere per avere ragione allora….
In questa storia di gloria non v’è traccia. Per la logica di guerra, si è drasticamente confermato il motto latino “ars longa, vita brevis”. I soldati sanno ispirarsi quando vogliono ai bei tempi antichi.
Ricordiamocelo: nel medioevo la musica non era inserita tra le arti del trivio (grammatica, dialettica e retorica) ma in quelle del quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia).
Il trivio era il punto magico di confluenza di tre strade ma evidentemente qualcosa sempre per strada si è perso.
A furia di stare sul marciapiede, qualche arte è diventata triviale, zeppa di volgarità e di scurrilità.
La guerra ha una sua intima purezza e certe sconcezze non può sopportarle ed ha agito di conseguenza, cancellando il suo interprete da ogni scena.
Si dice, in matematica, soluzione triviale quella per cui tutte le incognite hanno valore zero. Così hanno fatto fuoco.
Avrebbero potuto chiudere Mykola in un campo di persuasione, in un recinto di pentagrammi, facendogli ingoiare contro voglia qualche nota, infilargli a forza il vestito delle grandi serate, magari incastragli i piedi nel piedistallo e poi giocarci a tiro al bersaglio.
Tutto troppo elaborato per ‘arte della guerra che non tollera stonatura. Mykola ha steccato. Mykola ha pagato.