Nei posti di guerra c’è di brutto che c’è qualche angolo di tregua ma non si sa esattamente dove sia, cambiando continuamente posizione. A Kharkiv un certo traffico dice come si avesse qualcosa altro da fare. Si finge di essere normali in attesa che gli uomini si annoino a menare le mani. Quando non ti batte più il cuore per i morti e per i vivi è il segno che i giochi sono finiti e può tornare la pace.
A 13 anni era alla fermata dell’autobus, ben fermo in modo che una bomba lo centrasse in pieno. La sorella più inquieta, anche lei lì, bersaglio mobile, presa di striscio, ha negato l’insuccesso di un en plein.
Da anni ballavano insieme in una scuola di danza, facevano coppia ed erano bravi. Ora le note non sanno a chi appoggiarsi. Cadono a terra come bossoli scarichi di musica.
La Madonna in ginocchio tenne suo Figlio tra le braccia, avvolto in parte da un lenzuolo bianco contemplandone le piaghe e ricevendone per il centuplo il dolore patito dal Cristo. Ma era la Madonna. La Storia dice che doveva andare in questo modo per cambiare il mondo.
A Kharkiv c’è un padre per strada che tiene per ore la mano di suo figlio coperto da uno di quei panni rossi che ha la Polizia quando c’è un cadavere da salvaguardare. Il sangue si confonderà con il colore del panno e darà meno strazio al padre che non molla la presa.
Passano le ore e non ha oli per cospargerne i resti e nessuno osa porgerne. Neanche la pietà è degna di interrompere quella stretta. E’ meglio così. Non vuole che nulla rende scivolosa la mano salda dell’uomo a quella del figlio. Passano le ore ed è inginocchio accanto a lui continuando nella stretta, non lo lascerà andare in Paradiso. Dio non avrà mai il suo consenso!
Una addetta alla sicurezza prova a consolarlo dandogli a sua volta una mano, a formare una catena di trasmissione. Che il dolore possa emigrare su mille altri sfumandosi di peso.
A Kharkiv c’è un padre, fermo alla fermata di un autobus, in attesa che la morte per lui non arrivi in ritardo. E’ la sola vacanza che attende.