Ci sono parole che prendono senso a seconda di come si desideri darne questo o quello accento. L’ambulante è chi non ha sede fissa. Ambula, ad esempio, chi non ha un riferimento chiaro vero cui indirizzarsi e vaga per una meta tutta ancora da immaginare, alla ricerca di una ispirazione che lo tolga dall’impiccio della vaghezza.
Ambula anche chi, più spesso con sollecitudine, muove da un punto per giungere ad una destinazione perfettamente individuata. L’ambulanza con le sue sirene urla al mondo circostante di scansarsi, non c’è tempo da perdere, si faccia largo ad un ammalato da soccorrere.
Giunti sul posto gli addetti al servizio, un tempo i portantini, caricano l’ammalato su una barella per portarlo in salvo. E’ una bara a tetto scoperto, senza guarnizioni, essenziale, come deve essere la decisione immediata da assumere per strappare dal pericolo o dalla morte il bisognoso. E’ una bara incompiuta perché incompiuto è ancora il destino di chi vi è a bordo.
C’è chi tutt’ora la chiama lettiga per non ricordare il sapore di morte sempre in agguato. Così viene da pensare ad un lettuccio ben decorato su cui si lasciavano trasportare i blasonati per le loro faccende, sorretta da lettighieri, uomini forzuti che provvedevano direttamente o che comandavano le bestie addetti alla mansione. Cambia il nome ma la lettiga è utile anche oggi per un ammalato a cui prestare assistenza da condurre in un centro attrezzato al riguardo.
A Napoli non c’è tempo per perdersi n queste sottigliezze, fumisticherie da intellettuali perdigiorno. Quando si vuole, il Sud sa essere tempestivo bruciando sul tempo il miglior cronometro. A Napoli, il caldo fa scorrere il pensiero ancor prima del sangue.
In questi giorni, una signora anziana ha dovuto essere collocata, da un ospedale, ad altra struttura, per completare il trattamento sanitario occorrente.
Cammin facendo ha espresso il desiderio di un caffè. Non è stata l’innocenza ritrovata nella terza età. Neppure, c’è da credere, la richiesta pazza che si fa largo nella stagione della senilità. Piuttosto un azzardo, il desiderio di sporgersi fino al limite per vedere l’effetto che fa.
Gli addetti dell’ambulanza, gente d’esperienza, hanno subito mangiato la foglia, tipi svegli che non si fanno mettere in luce, o nel buio di un sacco, per un peccato di rifiuto perché il regolamento non prevede digressioni….
Si sono fermati dove sapevano, per esperienza, sarebbero stati capaci di accontentarla. Hanno aperto il portello della ambulanza, portando l’anziana, sdraiata sul suo lettino munito di rotelle tutte scorrevoli, davanti ad un bar. Lì avrebbe potuto gustarsi il suo sospirato caffè.
Il servizio deve essere completo, tale da non lasciare alcun rimpianto aggiuntivo. Alla signora è stato dato anche il tempo di una indovinatissima sigaretta, che non si nega anche a chi non è condannato. Il fumo troppo evanescente per coprire il sorriso di gioia della signora accontentata a puntino.
Chissà, forse per dessert ha chiesto anche che la muffola urlasse il suo capriccio così ben soddisfatto al mondo. Forse che diffondesse la sua riconoscenza agli attenti lettighieri che non le hanno chiesto idonei documenti di nobiltà.
Il Vesuvio non l’ha dato a vedere, ha tirato un sospiro di sollievo, felice per una volta di essere stato sovrastato dal fumo di una innocente sigaretta e di una tazzina di caffè. Il Vesuvio ha ancora la sua influenza, i suoi sudditi non dimenticano mai la sua lezione. Nel cuore vestono sempre fumo di Napoli.